Indice articoli

A) Le origini
B) Il medioevo e i primi restauri
C) Le piene e le ricostruzioni

D) Il disegno di G.A.Dosio

E) Il crollo definitivo e la fine del ponte
F) Bibliografia


A) LE ORIGINI
Durante i primi secoli della storia di Roma esisteva una sola linea di comunicazione della città con le località dell'Etruria: la strada che, passando sul ponte Sublicio, tagliava la pianura trasteverina all'altezza di S. Cosimato e saliva ripida sul Gianicolo (in verde nella fig.1); il ponte Sublicio era inoltre l'unico attraversamento stabile del Tevere.
Le mutate esigenze di transito e di trasporto, non più sostenibili dal vecchio ponte, tra l'altro costruito unicamente in legno per motivi religiosi, resero quindi necessario verso il VI sec. di Roma (II a.C.) la costruzione di un nuovo ponte più robusto che potesse anche meglio resistere alle inondazioni del Tevere.
Il nuovo ponte fu edificato immediatamente più a monte del Sublicio.
Tradizionalmente l'origine del Ponte Emilio è attribuita ai censori Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore che tra il 181 e il 179 a.C. costruirono in pietra i piloni a sostegno di una passerella ancora in struttura lignea, contemporaneamente alla ristrutturazione del portus Tiberinus che sorgeva dov'è l'attuale edificio dell'Anagrafe.
Attualmente si ritiene tuttavia più probabile che la costruzione fosse già iniziata nel 241 a.C. ad opera di un precedente esponente della famiglia degli Aemilii Lepidi (forse Manio Emilio Lepido Numida), in concomitanza con la costruzione ad opera del censore Caio Aurelio Cotta della via Aurelia (in giallo nella fig.1) Quella completata nel 179 a.C. sarebbe stata quindi un'opera di rifacimento a seguito dei danni provocati dalla piena.
Nel 142 a.C. i censori Publio Cornelio Scipione Emiliano (o Africano Minore) (185 a.C. –129 a.C.) e Lucio Mummio Acaico eliminarono la passerella lignea realizzando finalmente sei arcate in muratura sui cinque piloni in pietra già esistenti nel corso del fiume.
Nella descrizione di Aeticus nella Cosmographia Oceanus Occidentalis del V secolo il ponte è chiamato Lepidi – cioè di Emilio Lepido, il costruttore – e subito storpiato dal popolo nel più concreto Lapideus, cioè costruito in pietra.


B) IL MEDIOEVO E I PRIMI RESTAURI
Del ponte si perdono quindi le notizie fino al XIII secolo, se si eccettua una citazione nei Mirabilia (1144) dove è indicato per la prima volta con il nome di Pons Senatorum probabilmente a seguito di un restauro a spese del Comune e dietro iniziativa dei Senatori.
La piena del Tevere del febbraio 1230 danneggiò seriamente il ponte costringendo il pontefice Gregorio IX (1227-1241) ad un pronto restauro.
A seguito dei danni provocati dalla piena del 30 novembre 1422 il papa Martino V (1417-1431) dovette procedere a nuovi lavori di consolidamento ai basamenti dei piloni, ai piloni stessi e agli archi da essi supportati. Altri lavori furono eseguiti subito dopo, probabilmente a completamento dei precedenti, da Nicolò V (1447-1455) in vista del Giubileo del 1450. Anche se esiste una precedente citazione di Bernardo Guidoni, biografo di papa Gregorio IX all'inizio del XIII secolo, solo nella seconda metà del XV secolo il ponte compare nelle piante di Roma col nome di S.Maria (le prime quelle di Piero del Massaio -1469 e di Alessandro Strozzi -1474 in fig.2) derivato probabilmente dal tempio di Portuno, situato alla testata sinistra del ponte, già adattato a chiesa cristiana da Giovanni VIII (872-882) con il nome di Santa Maria Secundicerio e verso la metà del XV secolo titolato a S. Maria Egiziaca.


C) LE PIENE E LE RICOSTRUZIONI
Le nuove piene, tra cui le devastanti del 1476 e del 1495, resero necessario, solo un secolo dopo, un nuovo pesante intervento di consolidamento del ponte: Paolo III affidato dapprima a Michelangelo, che condusse i lavori a rilento, e passato dal successivo papa Giulio III nel 1551 a Giovanni Lippi, detto Nanni di Baccio Bigio: si rese necessaria una vera e propria ricostruzione di un pilastro e dei due archi che su di esso poggiavano; per l'occasione fu costruita a metà del ponte una cappelletta dedicata alla Vergine, che sarebbe durata però solo 5 anni, che troviamo raffigurata su almeno quattro piante pubblicate tra il 1555 e il 1569 (fig.3).
Il Lippi, completò rapidamente i lavori nel 1552, ma non li eseguì però con la dovuta cura, anzi, addirittura indebolì la struttura del ponte asportando e vendendo parte del materiale marmoreo:Infatti solo cinque anni dopo la fine dei restauri la piena del settembre 1557 fece crollare il pilone appena ricostruito e i due nuovi archi che su di esso appoggiavano "insieme con quella bella cappelletta di Giulio III che vi era nel mezzo con tanta arte e spesa fabricata", come riportato da un Avviso di Roma stampato in occasione della disastrosa piena.
Dopo un infelice tentativo di ripristinare il collegamento alla riva del troncone del ponte superstite per mezzo di una rudimentale struttura in legno sorretta da funi; effettuato nel 1561 papa Gregorio XIII decise di affrontare lo sforzo economico di definitiva ricostruzione in muratura delle strutture crollate: scartata la proposta di Luca Peto di sostituire i due archi mancanti con un unico arco, eliminando quindi definitivamente il pilone crollato e lasciando più spazio al deflusso delle acque, ed il ponte fu ricostruito tra il 1573 e il 1575 da Matteo Bartolani da Città di Castello nelle forme originali.


D) IL DISEGNO DI G.A. DOSIO
Di fondamentale importanza è il disegno dell'architetto Giovanni Antonio Dosio che mostra nella parte inferiore il pilone e gli archi crollati e la dicitura "Vestigie del Ponte S.Maria Ruinato p. la inondatione del Tevere l'anno 1557" (fig.4) e nella parte superiore, il ponte alla fine del completo restauro del 1575 in cui è visibile il nuovo pilone con il basamento rinforzato da frangiflutti a gradoni e i due nuovi archi con le insegne del papa Gregorio XIII (i draghi della famiglia Boncompagni) nelle lunette degli archi e alla sommità degli archi stessi.
Il disegno del Dosio costituisce la principale dimostrazione del fatto che la parte del ponte più volte crollata e ricostruita fu quella lato Trastevere e non quella verso la sponda sinistra come comunemente ritenuto da molti autori, indotti
in errore anche dall'iconografia, quella comunemente nota ed immortalata in tutte le immagini e fotografie del Ponte Rotto, che ci mostra il ponte  privo delle arcate sul lato orientale.
  Il restauro, che fu quindi definitivo in quanto quella parte del ponte arriverà intatta fino ai nostri giorni attraverso oltre trecento anni fino alla costruzione dei muraglioni, fu celebrato con due lapidi collocate una di fronte all'altra sulle spallette interne all'altezza del secondo arco dalla riva destra; quella lato valle rimase in situ fino alla demolizione delle due arcate lato Trastevere a fine '800 (fig.5). Questo il testo dell'epigrafe:

EX AVCTORITATE GREGORII XIII PONT. MAX
S.P.Q.R.
PONTEM SENATORIVM CVIVS FORNICES VETVSTATE
COLLAPSOS ET IAMPRIDEM REFECTOS FLVMINIS
IMPETVS DENVO DEIECERAT IN PRISTINAM
FIRMITATEM AC PVLCHRITVDINEM RESTITVIT
ANNO IVBILAEI MDLXXV

[Per volere di papa Gregorio XIII il Comune di Roma nell'anno giubilare 1575 restituì alla primitiva robustezza e bellezza il Ponte Senatorio i cui fornici, caduti per l'antichità e già in precedenza restaurati, l'impeto del fiume aveva nuovamente abbattuto]
Nel 1596, per volere del precedente papa Sisto V, Giacomo della Porta posò sotto il selciato del ponte la condotta dell'acqua Felice, che portò finalmente l'acqua corrente in Trastevere alimentando, in particolare, la fontana di S. Maria.


E) IL CROLLO DEFINITIVO E LA FINE DEL PONTE
La ripristinata funzionalità del ponte ebbe però breve durata: il 24 dicembre 1598 sotto Clemente VIII (1592-1605) una delle maggiori e disastrose piene registrate a Roma danneggiò nuovamente il ponte. Ma stavolta crollarono gli archi verso la sponda sinistra: in pratica metà del ponte fu distrutta e trascinata via definitivamente e con esso l'acquedotto.
I piloni crollati e le arcate distrutte dalla piena non furono più ricostruite ed il ponte assunse definitivamente l'appellativo, che è rimasto fino ad oggi, di Ponte Rotto.
Il moncone del ponte, ormai abbandonato, fu utilizzato come cortile pensile e area per attività artigiane. Assodata l'inservibilità del ponte in quanto tale, sulla prima arcata verso Trastevere fu addirittura costruito un edificio che di fatto ostruisce l'accesso al ponte; l'estremità tronca del ponte fu chiusa da un'edicola sormontata da una croce limitando una sorta di cortile privato a servizio dello stabile (fig.6).
L'edificio e l'edicola furono poi demoliti nel 1852 durante i lavori per il ripristino del ponte.
Nel 1853, sotto Pio IX, il ponte ritornò finalmente transitabile grazie ad un nuovo progetto dell'architetto Pietro Lanciani, che sostituì le arcate mancanti con un'unica passerella metallica sospesa, simile a quella del ponte dei Fiorentini, costruita da una società francese. Nella pianta della Direzione Generale del Censo del 1866 sono riportate le denominazioni di Ponte Rotto per la parte in muratura e Ponte di Ferro per la passerella metallica; e il nome complessivo di Palatino.
Ma anche la passerella durò poco: la costruzione del nuovo ponte Palatino (realizzato tra il 1886-1891 su progetto di Angelo Vescovali) nell'ambito del progetto di bonifica del Tevere con la costruzione dei "muraglioni" comportò la definitiva chiusura del ponte Emilio (1884) con la demolizione delle due arcate verso Trastevere e successivamente della passerella metallica (1887) lasciando intatto il solo arco centrale. (fig.7 "Rome in 1890" di H. E. Tidmarsh e H. W. Brewer, in cui è rappresentata la città di Roma come appariva nel 1885).
L'unico arco superstite del Ponte Emilio, il terzo da Trastevere dei sei archi originari, è a buon ragione oggi noto solamente come Ponte Rotto. All'interno dell'arco, sotto il rivestimento in travertino, sono tuttora visibili i blocchi in peperino della costruzione originale, mentre all'esterno, nelle lunette a alla sommità degli archi, campeggia il drago, simbolo araldico della famiglia Boncompagni di Gregorio XIII, autore dell'ultimo grande restauro.


F) BIBLIOGRAFIA
--- Il testo e le immagini sono tratte da: BRUNO LEONI - Il Ponte Emilio - Ed. www.ilmiolibro.it - © Luglio 2008