C) LA TRIREME ROMANA
Per l'ambasciata ad Epidauro fu utilizzata una nave da guerra, come d'uso tra i Romani per le missioni ufficiali: così fu per la nave inviata nel 394 a.C. a Delfo e per quella che sarà inviata in seguito in Asia minore a prelevare il simulacro della Madre degli Dei durante la seconda guerra punica. Valerio Massimo [4] cita esplicitamente una "triremem".
Nella fig.C1 è rappresentata la ricostruzione di una trireme: la nave era armata con uno sperone (rostrum) che sporgeva sott'acqua, con cui venivano speronate le navi nemiche. Era dotata di una vela che veniva usata durante la navigazione di trasferimento mentre i remi erano usati in combattimento per ottenere la massima manovrabilità della nave; a tale scopo durante il combattimento l'albero veniva addirittura abbattuto. Sulla parte anteriore era il "corvus", un ponte uncinato per l'abbordaggio delle navi nemiche, che fu però usato solamente all'inizio della prima guerra punica. Dalla fiancata sporgeva l'apposticcio, struttura che forniva ai remi il punto di appoggio ottimale. Dalla poppa fuoriuscivano, uno per lato, i due timoni.
La conformazione tipica dell'attacco dell'apposticcio e la mancanza del foro di uscita di uno dei due timoni confermano che i resti marmorei rappresentano la prua della nave.
L'immagine in fig.C2 mostra il profilo frontale dei resti marmorei della prua: si distingue chiaramente la sporgenza dell'apposticcio. E' interessante il confronto con la ricostruzione della parte poppiera di una delle navi di Caligola del lago di Nemi, eseguita dai Maestri d'ascia dei Cantieri "Di Donato" di Torre del Greco (Napoli), in cui si evidenzia la struttura dell'apposticcio e del timone destro (fig.C3).
Le navi romane avevano una propria divinità protettrice (la Tutela della nave) che spesso veniva raffigurata sul fasciame dello scafo: questo può spiegare la presenza della figura di Esculapio, essendo la nave-isola addirittura la sede del culto del dio.
In fig.C4 è la ricostruzione della prora della nave monumentale effettuata da O.Höckmann (München 1985).