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E) IL CROLLO DEFINITIVO E LA FINE DEL PONTE
La ripristinata funzionalità del ponte ebbe però breve durata: il 24 dicembre 1598 sotto Clemente VIII (1592-1605) una delle maggiori e disastrose piene registrate a Roma danneggiò nuovamente il ponte. Ma stavolta crollarono gli archi verso la sponda sinistra: in pratica metà del ponte fu distrutta e trascinata via definitivamente e con esso l'acquedotto.
I piloni crollati e le arcate distrutte dalla piena non furono più ricostruite ed il ponte assunse definitivamente l'appellativo, che è rimasto fino ad oggi, di Ponte Rotto.
Il moncone del ponte, ormai abbandonato, fu utilizzato come cortile pensile e area per attività artigiane. Assodata l'inservibilità del ponte in quanto tale, sulla prima arcata verso Trastevere fu addirittura costruito un edificio che di fatto ostruisce l'accesso al ponte; l'estremità tronca del ponte fu chiusa da un'edicola sormontata da una croce limitando una sorta di cortile privato a servizio dello stabile (fig.6).
L'edificio e l'edicola furono poi demoliti nel 1852 durante i lavori per il ripristino del ponte.
Nel 1853, sotto Pio IX, il ponte ritornò finalmente transitabile grazie ad un nuovo progetto dell'architetto Pietro Lanciani, che sostituì le arcate mancanti con un'unica passerella metallica sospesa, simile a quella del ponte dei Fiorentini, costruita da una società francese. Nella pianta della Direzione Generale del Censo del 1866 sono riportate le denominazioni di Ponte Rotto per la parte in muratura e Ponte di Ferro per la passerella metallica; e il nome complessivo di Palatino.
Ma anche la passerella durò poco: la costruzione del nuovo ponte Palatino (realizzato tra il 1886-1891 su progetto di Angelo Vescovali) nell'ambito del progetto di bonifica del Tevere con la costruzione dei "muraglioni" comportò la definitiva chiusura del ponte Emilio (1884) con la demolizione delle due arcate verso Trastevere e successivamente della passerella metallica (1887) lasciando intatto il solo arco centrale. (fig.7 "Rome in 1890" di H. E. Tidmarsh e H. W. Brewer, in cui è rappresentata la città di Roma come appariva nel 1885).
L'unico arco superstite del Ponte Emilio, il terzo da Trastevere dei sei archi originari, è a buon ragione oggi noto solamente come Ponte Rotto. All'interno dell'arco, sotto il rivestimento in travertino, sono tuttora visibili i blocchi in peperino della costruzione originale, mentre all'esterno, nelle lunette a alla sommità degli archi, campeggia il drago, simbolo araldico della famiglia Boncompagni di Gregorio XIII, autore dell'ultimo grande restauro.